Ellis Bell: la donna battagliera dietro il mito di Emily Brontë
(Clicca qui se vuoi sentire l’audio /Ninna Nanna per l’anima):
A meno che non vi siate già letti diverse biografie e materiale storico su Emily Brontë, e anche più volte il suo romanzo ‘Cime Tempestose’ e le sue poesie, l’idea principale che vi sarete fatti di questa geniale autrice probabilmente proviene da una delle due versioni che purtroppo vengono proposte un po’ ovunque su di lei:
Versione n. 1 - Emily Brontë era una sfigata, morta giovane, che non ha mai baciato nessuno, zitella sola e solitaria, dalla vita poco stimolante e sempre malaticcia, anche un po’ masochista, ma dalla grande immaginazione che ha prodotto un romanzo gotico ‘allucinato e allucinante’ che parla di fantasmi e vampiri, e pieno di violenza, il cui eroe è il ben tenebroso, anche se violento, Heathcliff.
Versione n. 2. - Emily Brontë era una lussuriosa ribelle di prima categoria. Aveva una relazione segreta con il curato del padre, William, sarebbe a lui che grida disperata ‘lasciami entrare’ quando questo la molla, era pure incestuosa col fratello ubriacone, che avrebbe descritto come Heathcliff nel suo romanzo, e ha scritto un ‘libro privo di morale’, contenente la storia d’amore più passionale mai scritta prima tra Cathy e Heathcliff, in barba alle convenzioni vittoriane, perchè lei era una donna ribelle. Lussuriosa l’ho già detto?
A quale versione credete?
Zitelle o lussuriosa?
Autrice di un libro gotico allucinato o di una storia d’amore passionale?
Io spero che avrete la pazienza di ascoltare una terza versione di Emily. E vorrei partire a raccontarvi di lei dal suo nome di penna maschile: Ellis Bell. Dopo quasi 200 anni dalla morte di questa scrittrice infatti, ancora gli studiosi e i grandi ricercatori del mondo accademico non sono riusciti a scoprire perchè abbia deciso di chiamarsi proprio così…
Quello che sappiamo di certo: i dati storici
Prima di darvi la mia visione di Emily e la mia ricerca sulla sua scelta del nome Ellis, partiamo prima da alcuni brevi dati biografici, giusto per avere una cornice storica in qui inquadrarla: Emily è nata nell’estate del 1818 nello Yorkshire, nel nord dell’Inghilterra, la penultima di sei bambine, tutte femmine tranne un fratellino. Segno zodiacale a chi interessa: Leone, 30 luglio. Sua madre Maria veniva dalla Cornovaglia, nel lontano sud dell’Inghilterra. Suo padre era un ministro anglicano nato in Irlanda e laureatosi a Cambridge in teologia, con una borsa di studio. La madre di Emily muore di cancro quando lei ha solo tre anni e quindi la bimba viene allevata dalla zia zitella, Elizabeth, che lascia la Cornovaglia e si mette in pianta stabile a vivere con loro, e dall’amata serva Tabitha, un’altra zitella del luogo, che vivrà con loro fino alla vecchiaia e che probabilmente è l’ispirazione per Nelly Dean. Viva le zitelle insomma. Del resto della vita di Emily sappiamo poco: sappiamo che ha fatto l’insegnante per qualche tempo, odiando quel lavoro, e che poi ha preferito restare a casa ad aiutare nei lavori domestici e a scrivere. Sappiamo che ha studiato francese e tedesco per un anno in Belgio con la sorella Charlotte, dove insegnava anche il piano che era bravissima a suonare, e sappiamo che non si è mai sposata. E a dispetto del mito che la vuole attaccatissima al fratello Branwell, era la sorellina più piccola Anne ad essere definita come la sua ‘gemella’, tanto erano inseparabili. Amava molto gli animali ed è famoso il suo ritratto dell’enorme mastino che la seguiva ovunque: Keeper. (Ma degli animali di Emily e in ‘Cime Tempestose’ magari parlerò in un articolo a parte.)
Keeper: Ritratto fatto da Emily. Fonte - Bronte Parsonage Museum
Quanto alla sua carriera letteraria, prima di morire è riuscita a pubblicare un libro di poesie e poi il suo unico romanzo ‘Cime Tempestose’, entrambi con lo pseudonimo maschile di Ellis Bell. E purtroppo non è un mito il fatto che sia morta di tubercolosi molto giovane, a soli 30 anni, nell’inverno del 1848, un anno dopo la pubblicazione del suo romanzo, pochi mesi dopo aver visto morire il fratello in casa. Ed è vero che si sia rifiutata di vedere i dottori, ma non per masochismo, ma perchè non erano riusciti a salvare nessuna delle persone che lei amava, e che avevano avuto malattie simili, in primis due delle sue sorelline più grandi, Maria ed Elizabeth, morte quando avevano solo 10 e 11 anni. Per la TBC infatti non c’era alcuna cura. E io credo che Emily abbia affrontato la morte stoicamente.
E per finire di ritrarre un primo quadretto con i dati sicuri, la canonica dove viveva dava su un cimitero da un lato, e sulle famose brughiere tempestose dall’altro, ed era situata in cima a una salita del villaggio di Haworth, un paesino che oggi fa solo 6.000 abitanti. Immaginatevi ai tempi di Emily… Ecco una foto storica:
Haworth Parsonage: la canonica della famiglia Bronte
(Quanto all’essere l’amante del curato del padre, è un’invenzione di sana pianta di Hollywood, che se non vede queste zitelle scrittrici da una parte come represse depresse, o dall’altra come matte depravate, non sta bene.)
’Shirley’: un ritratto di Emily, a cura di sua sorella
Di Emily purtroppo non c’è rimasta nessuna lettera, tranne un paio - nessun diario, tranne alcune pagine - e nessun memoir. Abbiamo quindi solo il suo unico romanzo e molte delle sue poesie tra le cose scritte di suo pugno, e poi abbiamo solo le lettere della sorella Charlotte, che ogni tanto la cita, e la sua prefazione alla seconda edizione di ‘Cime Tempestose’, dove Charlotte ci dice:
"L'indole di mia sorella non era gregaria per natura; le circostanze favorivano e promuovevano la sua tendenza all'isolamento; tranne che per andare in chiesa o per fare una passeggiata sulle colline, raramente varcava la soglia di casa. Sebbene il suo sentimento per le persone circostanti fosse benevolo, non cercò mai di avere rapporti con loro, né, salvo rare eccezioni, li sperimentò mai. Eppure li conosceva: conosceva i loro modi di fare, il loro modo di parlare, le loro storie familiari; poteva sentirne parlare con interesse, e parlarne con dovizia di particolari, minuziosi e accurati; ma con loro di persona, raramente scambiava una parola.”1
Chi vi ricorda questa definizione? Qual è il personaggio di ‘Cime Tempestose’, che pur sapendo molto delle storie degli altri, che avendo interesse a farsele raccontare, non parla quasi mai direttamente con loro e si descrive come una sorta di misantropo che sta bene da solo? Mr. Lockwood. E io credo che se vogliamo sapere com’era Emily, dobbiamo fare attenzione a come descrive questo personaggio, che è un uomo perchè Emily usò come nome di penna un nome maschile: Ellis Bell.
Ma abbiamo anche un’altra grande fonte che ci aiuta a capire chi era la vera Emily: il secondo romanzo di Charlotte, pubblicato dopo la morte tragica della sorella, dove dietro il personaggio di Shirley, come ammise la stessa Charlotte, si nascondeva: “quello che Emily sarebbe stata, se fosse nata in una famiglia ricca e in salute”.2 Shirley tra l’altro era un nome maschile al tempo e racconta la storia di questa ragazza ricca, forte, dai principi elevati sull’essere donna in un mondo di restrizioni, dove sposarsi era quasi una scelta obbligata per sopravvivere.
E cosa ci dice Charlotte del tipo di uomo che potrebbe mai fare innamorare Shirley, ovvero Emily? Forse un ubriacone come il fratello, che vantava anche il fatto di essere stato l’amante di una donna sposata e con figli? O forse un uomo senza fede, violento e vendicativo come Heathcliff?
Macché. Ci dice che l’amato di Emily avrebbe dovuto avere le qualità degli uomini più stoici, eroici e dignitosi della storia. Sentiamolo descrivere dalla stessa voce di Shirley, e immaginiamoci che fosse Emily a parlare:
“Sono stata innamorata diverse volte, di eroi di nazioni diverse e di filosofi. La mente [dell’uomo che potrei amare] ha la chiarezza del mare profondo, la pazienza delle sue rocce, la forza delle sue ondate. Non viene spaventato dall’ululato e resta con la testa sulle spalle tra le grida di chi lo osanna. Né il suo titolo, la sua ricchezza, il buon nome della sua famiglia, né la poesia hanno il potere di rivestirlo con il potere che io ti sto descrivendo. Quelli sono pesi piuma: a lui serve zavorra.”3
Wow. Prendiamo fiato un attimo. Che uomo eh? Ne esistono ancora fatti così?
Un uomo cristallino, paziente ma forte, che resta calmo quando tutti perdono la testa per la paura o per l’entusiasmo, e la cui potenza non deriva da un titolo o dai suoi soldi. Un uomo profondo, con la zavorra. E poi ci dice ancora:
“Io non accetterò la mano di nessuno che non sia in grado di tenermi a bada. Qualsiasi uomo che desideri vivere in modo decentemente confortevole con me come marito deve essere in grado di controllarmi. Un tiranno non mi terrebbe neppure per un giorno. Io mi ribellerei.”4
Occhio. Qui non ci sta dicendo che vuole essere comandata come una serva o con la violenza, perchè un uomo tale sarebbe un tiranno e lei si ribellerebbe, ci dice subito, ma vuole un uomo che le possa incutere talmente tanto rispetto e ammirazione da avere il potere di darle un comando, e lei saprebbe fidarsi e seguirlo.
A quel punto, lo zio nella storia - che a quanto pare era in parte un ritratto del padre di Emily - le chiede se un uomo tale era solo una descrizione o esisteva in carne e ossa? E Shirley/Emily gli risponde:
“Era un’immagine storica creata da diversi originali.”
Quindi Emily non aveva affatto un’immagine idealizzata dell’uomo ideale, o un’idea romantica dell’amore. Lei sapeva che uomini del genere erano esistiti. E chi erano?
Io credo che sia fondamentale saperlo. Perchè troppe generazioni di donne sono state illuse dagli scrittori di Hollywood a pensare che l’uomo ideale sia… Heathcliff. Un violento, ossessionato, stalker, omicida, fratricida e marito violento, e probabilmente anche violentatore. Pensate come si rivolterebbe nella tomba Emily!
Allora sentiamo: chi era l’uomo ideale di Shirley/Emily? Sentiamolo da lei:
“Devo confessare: il mio cuore è colmo di questo segreto […] Devo dichiarare davanti a quale altare mi inginocchio, e rivelare l’idolo presente della mia anima”
Allora. Siete pronte a saperlo?
….
Ma temo che il nome non vi direbbe niente. E quindi devo prima riportarvi indietro nel tempo. Anche perchè è qui che secondo me si nasconde il significato del suo nome di penna. Ripartiamo dall’inizio, dal suo anno di nascita: 1818.
L’uomo ideale di Emily: un vero eroe
Cosa voleva dire nascere nel 1818 in Inghilterra? Voleva dire esser state concepite appena due anni dopo la battaglia più famosa di quel secolo, la battaglia che aveva finalmente liberato l’Inghilterra dalle grinfie di Napoleone, questo ‘genio del male’ che per più di un decennio aveva terrorizzato gli inglesi con la minaccia di un’invasione. Finalmente, nel giugno del 1815, come scrivono le stesse Bronte da ragazzine nelle loro opere giovanili: “l’Europa era stata liberata dalle catene di ferro di un despota”, e quel despota di Napoleone era stato battuto proprio da una coalizione capitanata da un Comandante inglese, durante la famosa battaglia di Waterloo.
Lo so che noi femmine di solito non siamo interessate a sentir parlare di battaglie e comandanti e strategie di attacco, ma credetemi, arrivate alla fine di questo mese dedicato a Emily e a ‘Cime Tempestose’, se non sarò riuscita a farvi appassionare a questi personaggi, avrò lavorato invano. Perchè una cosa è certa: tutte le sorelle Brontë, Emily inclusa, sapevano vita, morte e miracoli di quel periodo storico, di quella battaglia e dell’uomo che riuscì a mettere freno alle ambizioni distruttive di Napoleone per sempre: il Duca di Wellington.
E chi era l’uomo che Shirley/Emily idolatrava?
Ve lo faccio dire da Charlotte: “Arthur Wellesley Lord Wellington” in persona.
Noi in Italia tendiamo a non sapere quasi nulla di questo Duca, ma in Inghilterra è rimasto un eroe per più di un secolo e sappiamo da fonti certe che di sicuro Charlotte lo idolatrava, e che tutta la famiglia ne aveva la più alta venerazione, il padre di Emily in primis era un suo fan sfegatato.
Ho dovuto leggermi un paio di biografie su di lui l’anno scorso, per conoscerlo meglio e capire meglio Emily, ma come sempre ho scelto di leggere quelle che Emily stessa aveva in casa o che potrebbe avere letto, perchè così ho cercato di vederlo con i suoi occhi. Ed ecco il quadro che possiamo farci di questo uomo tanto valoroso. Le frasi che seguono sono un patchwork da frasi tratte da quei libri del tempo, tra cui quelli che aveva sicuramente letto anche Emily. Mentre le leggo, provate a vedere se il quadro che ne esce vi ricorda qualcuno…
Il Duca di Wellington era di poche parole. Un classico uomo che faceva i fatti, invece di parlare a vanvera, come tutti gli uomini migliori. Sappiamo che era paziente, che era istruito, che amava leggere. Dicono di lui che il suo atteggiamento era tale da poter sembrare quasi freddo, distante, agli occhi di chi lavorava per lui, perchè era riservato e appunto parlava poco, ma quando parlava lo faceva con un linguaggio semplice e chiaro, diretto, con frasi corte ma lucide. Un uomo frugale, riservato e d’azione, che era anche capace di suonarle quando serviva, e quando provava ‘potenti sentimenti di indignazione’ si faceva prendere dalla passione e sembrava impossessato dal diavolo, mentre invece di solito era calmo e padrone delle proprie emozioni. Un uomo umile, che seppur ricco non si faceva togliere energia dal lusso. Un uomo retto di carattere e con obiettivi di alto valore.
Non vi ricorda nessuno?
Non assomiglia a qualche personaggio di ‘Cime Tempestose’?
….
Vi ci lascio pensare un attimo.
E intanto vi faccio riflettere su questo standard che chiaramente sia Emily, che Anne e Charlotte avevano in fatto di uomini e vi faccio un’altra domanda: esistono più questi standard oggi? Esistono ancora uomini ed eroi di questo stampo? Se Emily fosse viva oggi, preferirebbe restare ancora zitella o troverebbe qualcuno degno dello standard che aveva in mente come uomo ideale? Io non credo purtroppo che troverebbe più alcun Wellington che riuscirebbe a suscitare la sua ammirazione. E trovo molto triste che si possa essere arrivati a vedere Heathcliff come eroe romantico al suo posto.
Le storie di violenza domestica quotidiana ci raccontano e ricordano che qualcosa è profondamente sbagliato in questa società, quando si tratta di descrivere l’uomo ideale alle donne, e bisogno cominciare a cambiarlo questo standard, per l’amore delle ragazzine di oggi e dei futuri uomini di domani, e possiamo farlo anche a partire di come parliamo degli eroi maschili dei romanzi considerati romantici, e che romantici non sono affatto, come ‘Cime Tempestose’.
E a questo proposito, torniamo al duca di Wellington.
Vi ha ricordato qualcuno la sua descrizione?
Se non la sua descrizione, magari il suo nome potrebbe avervi detto qualcosa, se state leggendo ‘Cime Tempestose’.
Rileggetelo diviso in sillabe: WEL-LIN(G)-TON.
Sì, LINTON.
Il Signor Wel/Linton in Cime Tempestose
Non so a voi, ma a me Wellington ha ricordato moltissimo il Signor Linton, così sottovalutato in questo romanzo, forse proprio perchè così tranquillo, umile, tenero, paziente, intelligente, in controllo delle sue emozioni, un uomo di poche parole ma dignitoso, un uomo colto, profondo, un bravissimo e amato padre, un fedele e rispettoso marito, un fratello amato e protettivo e un buon padrone sul lavoro, anche se apparentemente freddo, ma capace di attaccare Heathcliff quando deve. Anche se gli esperti accademici dicono che non ci sono basi concrete per vedere nel Signor Linton il Duca di Wellington, io credo solo che sia perchè si aspettano di vedere forse somiglianze nelle azioni, nelle date, negli eventi della loro vita, ma io credo che Emily abbia usato il Duca di Wellington come i pittori utilizzano un modello in carne e ossa per poi inserirlo in una scena del tutto diversa da quella in cui il modello è stato visto e vive.
Sta di fatto che se dobbiamo vedere il tipo di amore che Emily approvava, dobbiamo guardare l’amore di Linton per sua moglie e per sua figlia. Ed è Charlotte stessa a dirci che il Signor Linton rappresentava quella tenerezza e capacità di prendersi cura di qualcuno, di cui secondo Emily anche gli uomini erano capaci. Cito ancora da quella prefazione:
“Per un esempio di costanza e tenerezza, ricordate quello di Edgar Linton. Qualcuno penserà che queste qualità non risplendano così bene in un uomo come in una donna, ma Ellis Bell non riuscì mai a farsi entrare in testa questa nozione: niente la agitava di più dell' insinuazione secondo cui la fedeltà e la clemenza, la gentilezza capace di grandi sopportazioni e l'amorevolezza più tenera, che sono considerate virtù nelle figlie di Eva, diventano difetti nei figli di Adamo.”
Tornando al Duca di Wellington e al suo legame con il Signor Linton, vi lascio ancora due informazioni curiose.
Come si chiamava sua moglie?
…
Sì. Catherine.
Catherine Wellington.
E anche se non aveva una sorella, che come Isabella Linton se ne fuggì via con un uomo di notte, causando grande scandalo, aveva una nipote che lo fece: Lady Abdy, che proprio come Isabella nel romanzo lasciò casa sua di sera con il suo cagnolino, senza prendere vestiti né soldi e s’incamminò verso Dean Street (sì, Dean come Mrs. Dean!) e salì al buio nella carrozza del suo amante. Anche lei, come Isabella, era però stata vista e riconosciuta e la sua famiglia era stata informata nel giro di poche ore dell’accaduto. Se ancora non vi bastasse, sappiamo che questa donna si era pentita quasi immediatamente della sua decisione e che aveva spedito una lettera al marito in cui chiedeva il suo perdono, dichiarandosi una donna perduta e miserabile.
Non aggiungo altro.
Ellis Bell: l’origine dello pseudonimo
Ma avevo promesso di raccontarvi della scelta di Emily di pubblicare sotto lo pseudonimo di ELLIS BELL. Come accennavo, non si ha ancora la più pallida idea di cosa abbia ispirato Emily. Quello che si suppone è che le ragazze abbiano cercato cognomi che iniziassero con la loro iniziale. Si fanno solo alcune supposizioni al momento sul nome Ellis, ma nulla che abbia una benché minima relazione concreta con i gusti comprovati di Emily.
Del cognome ‘BELL’ parlerò in un altro articolo, ma per parlarvi del suo nome di penna, dobbiamo ritornare alla battaglia di Waterloo.
Dopo questa strabiliante vittoria, che cambiò le sorti di tutta Europa, liberandola dal giogo napoleonico e da guerre continue, il giorno seguente, il Duca di Wellington scrisse al Re inglese un rapporto dettagliato di come si fosse comportato l’esercito inglese, citando le gravi perdite umane etc. etc.
Questo report si trova alla fine di uno dei volumi che sappiamo per certo Emily avesse in casa e che tutti avessero letto in famiglia e scritto da uno degli scrittori preferiti di Emily: Walter Scott. Solo che non è UN SOLO libro. Questa è una biografia di Napoleone divisa in otto o nove volumi (!), una zuppa incredibile, di una noia mortale per noi che ormai non abbiamo più nulla a che vedere con quei tempi e con le guerre napoleoniche.5
Ma io sono peggio di un cane segugio quando fiuto una traccia. E non mollo l’osso.
Nel capitolo dove si parlava del Duca di Wellington ho cominciato a leggere tutto, sorbendomi ogni dettaglio delle battaglie più gloriose, ma non ho trovato nessuno Ellis. E a quel punto, altri avrebbero chiuso la pagina. Ma le mie zitelle mi hanno insegnato a fidarmi delle mie intuizioni. Da lì ho quindi deciso di saperne di più su quella battaglia e i suoi gloriosi soldati, ma volevo sentire le parole stesse di Wellington a riguardo. E per farla in breve sono arrivata a leggere i due dispacci spediti al Segretario di Stato inglese da Wellington in persona, pochi giorni dopo la fine della battaglia di Waterloo.
In questi brevi scritti, il Duca stravolto dalla battaglia - da una parte raggiante per la vittoria che liberava l’Europa, ma d’altra parte amareggiato per le grandi perdite umane subite, scrive al Segretario di Stato del Re inglese, il Conte Bathurst, un elenco dei fatti avvenuti e ha parole di lode per tutti gli uomini più valorosi che l’hanno aiutato. Poi nel secondo dispaccio arriva il triste momento di dare l’elenco dei caduti e dei feriti, degli uomini morti per un’ideale di libertà, uomini che avevano dato la vita per quello in cui credevano, capaci di un sacrificio enorme e di enorme coraggio. E ora cercate di leggere tutto questo con gli occhi di Emily, che tanto ammirava questo Duca e leggeva queste stesse sue parole, come ora io le leggo a voi:
Waterloo, Giugno 29 1815
‘Mio Signore,
Vedrete nella lista che qui includo i nomi degli ufficiali di maggiore valore che il servizio di sua Maestà ha perduto. Tra di loro, non posso evitare di menzionare in special modo il Colonnello H. ELLIS, sulla cui condotta ho avuto frequentemente modo di attirare la vostra attenzione e che alla fine è caduto distinguendosi a capo di quelle coraggiose truppe che lui comandava. Nonostante la gloria dell’occasione, è impossibile non piangere uomini così, sia a livello pubblico che come amici.
Wellington6’
Il Colonnello H. Ellis
Ecco. Ora che avete il frutto della mia ricerca, potete giudicare da voi se questo nobile Colonnello Ellis, celebrato dallo stesso Wellington e l’unico a ricevere una menzione d’onore (insieme a un altro) tra le migliaia di caduti, fu l’ispirazione per il nome di penna di Emily. Aggiungo solo che quest’uomo coraggioso, come ho poi scoperto nell’approfondire la sua vita e la sua morte, aveva marciato tutto il giorno prima della battaglia, con le sue truppe, partendo da una cittadina a 8 ore di cammino da Waterloo senza mai fermarsi. La cittadina belga si chiamava GRAMMONT e ammetto che mi è difficile non vedere l’enorme somiglianza con l’unico villaggio citato in ‘Cime Tempestose’: GIMMERTON.
Ma non vorrei esagerare con le coincidenze, e quindi per oggi mi fermo qui.
E tornando a Emily, per dare l’ultimo tocco a questo mio breve ritratto lascio che sia lei a parlare, con una delle pochissime frasi che ci sono rimaste scritte da lei, in un foglio di diario scritto nel giorno del suo ventisettesimo compleanno:
“Sono abbastanza soddisfatta di me stessa - non sono oziosa come un tempo, ma nel complesso sempre piena di energia - e ho imparato a trarre il meglio dal presente e a sperare nel futuro, con meno ansia per il fatto di non poter fare tutto ciò che desidero - raramente o mai sono preoccupata di non avere nulla da fare, e desidero meramente che tutti possano sentirsi a proprio agio come me e che siano come me altrettanto capaci a non perdere la fiducia e a non abbattersi, e allora sì che il nostro mondo sarebbe molto tollerabile.”7
Non ho altro da aggiungere per oggi.
Ci saranno ancora occasioni per approfondire altro di Emily e il suo cognome BELL.
Ma se sono riuscita anche solo ad accennare con queste brevi pennellate una terza versione di Emily, rispetto alle due prevalenti, potrò ritenermi soddisfatta.
Grazie per aver letto fino a qui.
E.V.A.
IL MESSAGGIO DELLA ZITELLA
Riassumendo:
Emily Brontë era una donna con sotto le ovaie e una vera leonessa: forte, energica, valorosa, protettiva. Il suo uomo ideale era un nobile eroe capace di sentimenti teneri e allo stesso tempo di fermare il male, non a parole ma con i fatti. Questo eroe per lei era il Duca di Wellington.
Emily ha probabilmente dato al mondo un esempio concreto di un tale eroe calando le sue migliori qualità in un personaggio comune, nel campo di battaglia della vita di tutti i giorni: il Signor Linton, in ‘Cime Tempestose’, un uomo che come Wellington era di poche parole ma capace di affetti profondi, un uomo paziente, fedele, affidabile, in controllo delle proprie emozioni e del proprio corpo e che ci ha mostrato un’amore che non era ossessione, né controllo, né violenza. La moglie di entrambi si chiamava Catherine.
Nello scegliere un narratore maschile, in linea con il suo pseudonimo maschile, Emily sembra essersi concessa un autoritratto nel personaggio del Signor Lockwood, rivelandoci qualcosa del suo carattere che la stessa sorella Charlotte ci conferma: una persona buona e incuriosita dalle storie degli altri, ma capacissima di trovare sufficiente compagnia nella propria persona.
Nello scegliere uno pseudonimo, Emily si è probabilmente ispirata a un soldato coraggioso morto nella battaglia del secolo, dando la vita per la libertà, un soldato stimato dallo stesso Duca di Wellington con grandi parole di affetto: H. Ellis.
Emily era serena e contenta di sé e della sua vita e piena di progetti. Sperava lo fossero anche tutti gli altri intorno a lei, capaci di ‘trarre il meglio dal presente e a sperare nel futuro’, senza ‘perdere la fiducia né abbattersi’.
Possa la sua vita esserci di esempio e possa il suo romanzo aiutarci a ridefinire un nuovo tipo di eroe über-romantico: più Mr. Linton e meno Mr. Heathcliff.
Charlotte Brontë - Prefazione dell’edizione 1850 di Cime Tempestose:
https://www.literaryladiesguide.com/literary-musings/charlotte-brontes-preface-to-wuthering-heights-by-emily-bronte/
“What Emily would have been, had she been born into a wealthy family and healthy.”
Citato nella biografia di Elizabeth Gaskell ‘The life of Charlotte Brontë’, 1857
Citazioni da ‘Shirley’ - il secondo romanzo di Charlotte Brontë
Tutte le citazioni da ‘Shirley’ vengono dal capitolo XXXI ‘Zio e nipote’ (mie traduzioni)
Scott Walter, ‘The life of Napoleon Buonaparte, Emperor of the French’ - Cadell R. Edinburgh - 1827
The Waterloo Dispatch by the Duke of Wellington, 29 Giugno 1815
Emily Brontë's Diary Paper, Thursday, July 30, 1845: http://academic.brooklyn.cuny.edu/english/melani/novel_19c/wuthering/diary_papers#birthday