Come chiudere i rubinetti dell'attenzione, Emily Dickinson style
L'Accademia delle Zitelle: lezione n. 4
Il buffet della vita, oggi giorno, ci offre migliaia di opzioni: intrattenimenti di tutti i tipi, notizie da tutti gli angoli del mondo, informazioni sulle vite di vari personaggi, via social media, e possibilità infinite di “espandere i nostri orizzonti” attraverso hobby, associazioni, corsi, libri e attivismo sociale.
I nostri “rubinetti dell’attenzione” sono quasi perennemente aperti.
E questo oltre a tutte le gocce di attenzione che dobbiamo già riversare sul terreno da innaffiare tutti i giorni: il lavoro, la casa, la famiglia, badare al nostro corpo e/o alla nostra salute.
Poi ci stupiamo se arriviamo a sera o a fine settimana e ci sentiamo stanche, giù di morale, sopraffatte di emozioni, attività e notizie dal mondo.
E la nostra anima intanto sta morendo di sete…
Emily Dickinson era la Regina nel saper discriminare tra tante opzioni e sceglierne solo una o due, come vedremo fra poco.
Ecco perchè l’ho scelta come Docente di questa speciale lezione.
E per provare a darvi la sua visione su questo argomento, mi sono immersa a fondo questo mese nelle sue 1.304 lettere e 1.800 poesie, che mi sono riletta per intero nuovamente questo mese per cercare di trasmettervi la sua voce.
E tutto è partito dalla sua poesia intitolata “The Soul selects her own Society”:
“L’anima seleziona la sua compagnia
e poi chiude bene la porta;
alla sua divina maggioranza
non imporre più la tua presenza.
Senza scomporsi, lei nota la carrozza ferma al suo cancello inferiore;
imperturbabile, nota un Imperatore inginocchiato sul suo zerbino.
Io ho saputo che lei – da un’ampia nazione -
ne ha scelto uno solo,
poi ha chiuso i rubinetti della sua attenzione,
come pietra.”
Ma come si fa a chiudere i rubinetti dell’attenzione?
Ed è necessario arrivare agli ‘estremi’ della Dickinson, che intorno ai 30 anni comincia a diradare sempre di più le sue uscite fuori casa, le cui lettere si fanno sempre più brevi, spesso di una sola riga o due, e i cui unici amici che adorava e che accettava “al suo cospetto” dentro casa “potevano essere contenuti nel numero 2” ?
Vi tranquillizzo subito… Ovviamente non ci serve (né ne saremmo capaci, credo!) di diventare come Emily e chiudere quasi del tutto i rubinetti al punto tale da diventare monache di clausura nel monastero di casa nostra. Non è questo l’obiettivo finale di questa lezione, e onestamente non credo che anche la Dickinson vi consiglierebbe di diventare come lei. Come diceva alla nipotina in una lettera:
“Be true to yourself, Martha” - “Sii sincera con te stessa Martha”.
Quindi anche noi dobbiamo essere fedeli a noi stessi, trovare il nostro CRITERIO per decidere quali porte chiudere, e poi applicarlo. Questa lezione vuole cercare di darvi solo alcuni spunti di riflessione, tratti dalla vita di questa grande mistica moderna.
(Madre Teresa di Avila, spostati!)
La “Regina Reclusa” e la Legge dell'inverso del quadrato
Ma torniamo da Emily e all’estate del 1861, in cui sappiamo che le succede qualcosa di sconvolgente – ne parla in una lettera come di un “TERRORE”. Nessuno è mai stato in grado di scoprire cosa esattamente le sia successo - le supposizioni si sprecano (e non è lo scopo di questa lezione scoprirlo, anche se ho una mia ipotesi) - ma sta di fatto che da quel periodo comincia a chiudersi sempre di più in casa, a selezionare sempre meno persone con cui parlare, a scegliere sempre meno intrattenimenti a cui dare la sua attenzione e comincia a usare casa sua quasi come un monastero, o meglio, “un santuario”, come lo definisce la sua migliore amica Susan.
Un caro amico di famiglia del tempo, il Signor Bowles, la descrive come “Queen Recluse”, “la Regina reclusa”. E in questo periodo però – guarda caso – scrive la maggior parte delle sue poesie, e comincia ad accorciare sempre di più anche le sue lettere, ed è proprio la grande intensità di questi testi che li ha resi così famosi.
E qui, sorge spontanea la prima domanda: si può avere intensità senza la brevità?
Si può essere intense se si hanno multipli hobby, multipli amici, multiple cause sociali, se si lasciano i rubinetti aperti in ogni settore del buffet della vita? …
Ho scoperto che esiste una vera e propria legge fisica, chiamata “‘la Legge dell'inverso del quadrato’, una legge che vale per il suono, per la luce, i campi elettromagnetici e tutti gli eventi naturali, e ci dice che: “L'intensità di un fenomeno radiale segue l’inverso del quadrato della distanza”. In pratica: più aumenta il fronte di azione, e più il valore della nostra grandezza diminuisce. Ma se anche voi come me siete negate per la matematica e la scienza, e queste frasi sono latino, eccovi un esempio concreto che mi ha fatto un amico laureato in Fisica:
“Pensa a un sasso che getti nel lago e che crea onde concentriche che si allargano sempre di più. Più quest’onda si espande, e più sarà tenue, finché non vedremo più la cresta dell’onda, perchè si affievolisce sempre di più e sparisce, perchè la stessa energia iniziale si è dovuta poi distribuire su una circonferenza molto più grande, quindi l'intensità per unità di superficie è diminuita”.
Insomma, non ce ne sono di storie. O una cosa o l’altra.
Proprio come in un buffet, possiamo scegliere di mangiare ‘un po’ di tutto’ ma in piccole porzioni. O possiamo scegliere di abbuffarci di un singolo piatto che adoriamo.
Se scegliamo di vivere una vita intensa, allora dobbiamo concentrare le nostre energie in un punto solo, o in pochi punti, oppure possiamo scegliere di vivere vite che si espandono, ma per forza di cose l’intensità diminuirà e si affievolirà più ci espandiamo.
(Poi invece, per carità, se qualcuno di noi è come il Sole, e ha più energia di una batteria Duracell, al Sole non importa nulla dell’entropia, e quindi può lasciare i rubinetti aperti a gogò ovunque, ed avere comunque grande intensità, ma per oggi ragioniamo per chi ha livelli di energia nella norma o bassi, per chi ha uno ‘stomaco’ nella norma…)
I CRITERI DELLA DICKINSON PER CHIUDERE LE PORTE
Quindi , il primo criterio di Emily era l’INTENSITA’.
Lei voleva vivere una vita concentrata e intensa.
E quindi, avendo energia nella norma (o forse poca, visto i tanti problemi di salute che ha avuto), ha capito che doveva chiudere le “valvole” più degli altri…
Ma quale criterio ha usato per decidere a cosa chiudere la porta?
Il suo secondo criterio credo ce l’abbia spiegato nel titolo di quest’altra poesia:
“Take all away from me, but leave me Ecstasy”
“Portatemi via tutto, ma lasciatemi l’Estasi”
La parola ESTASI per me è la chiave per capire le scelte di Emily. L’estasi era il risultato dell’intensità che otteneva grazie alla chiusura dei suoi rubinetti. E per ESTASI Emily non intendeva ovviamente il PIACERE dei sensi, ma quello dell’anima.
Dato che è una parola centrale, sono andata a vedere l’etimologia di questa parola…Estasi viene dal greco ‘ekstasis’, che significa “uscire fuori da se stessi”, dimenticarsi del proprio ego, delle proprie paure, delle piccolezze della vita di tutti giorni e provare uno stato di grande stupore, quasi mistico, di rapimento’ dell’anima. O, volessimo dirlo con termini più terra terra, è quello stato in cui finalmente riusciamo a zittire il razionale emisfero sinistro e i pensieri, e l’emisfero destro prende il sopravvento, come nei bambini, che provano stupore reverenziale davanti alle più piccole cose, ed ecco che allora ci sentiamo elevati, tanto che in inglese si dice che ci si sente “High”, “Alticci”, come quando si è ubriachi o sotto l’effetto di alcune droghe.
Emily Dickinson in pratica era quasi sempre ubriaca! :D Ma senza toccare un goccio di alcool, come dice qui:
“Io assaggio un liquore mai distillato,
Da boccali immersi nelle perle;
Neanche tutte le tinozze del Reno
producono un tale alcolico !”
E ancora, in un’altra poesia, ci dice: “Exhiliration is within”.
”L’Euforia – è interna”.
Non è qualcosa che possiamo trovare fuori da noi. E a lei, per ubriacarsi così, non servivano chissà quante cose. Le bastavano poche gocce, poche briciole al banchetto della vita:
“Un po’ di pane, una crosticina, una briciola
può tenere in vita l’anima”
E ora magari pensate a un attimo: quand’ è che avete provato ESTASI nella vita? Che vi siete sentite quasi brille, alticce, euforiche, provando euforia per questa vita ?
Sono state cose piccole a darvela o cose grandi?
Briciole o intere pagnotte?
Scommetto cose piccole, ma vi lascio riflettere…
Se l’avete provata anche solo una volta, ora potete capire meglio cosa provava spessissimo Emily, che a differenza di noi comuni mortali che la proviamo ogni morte di Papa, solo magari come ‘effetto collaterale e imprevisto’ di qualcosa che facciamo, aveva deciso che la sua priorità nella vita era inseguire, andare a caccia di quest’estasi e provarla più spesso che poteva.
Questo era il SUO criterio. Ma ognuno di noi può averne altri ovviamente.
Ad esempio, per gli EDONISTI il criterio invece è seguire il PIACERE.
Per una DONNA MATERNA il criterio è fare il meglio per i propri cuccioli, umani e non. Per una persona INTUITIVA è seguire l’ispirazione, il sesto senso, una coincidenza, e così via.
Ma ora proviamo a vedere, concretamente, come Emily aveva applicato questi primi due criteri: INTENSITA’ e RICERCA dell’ESTASI.
Ho scelto 4 settori del menù della sua vita dove più aveva chiuso le porte:
1. I viaggi
2. Gli intrattenimenti
3. Il mondo esterno
4. Le persone
e dove possiamo riflettere anche noi dove vorremmo smettere di lasciare così tanto aperti i rubinetti dell’attenzione.
1. I TAGLI SU VIAGGI E AVVENTURE
Partiamo dalla chiusura più netta dei rubinetti: i viaggi.
Emily Dickinson a un certo punto aveva deciso di non uscire più da casa, se non per problemi di salute (per curare gli occhi infatti aveva dovuto trasferirsi a Boston per diversi mesi, un paio di volte).
Come dice in una lettera al suo tutore - il giornalista e scrittore Higginson:
“I do not cross my Father’s ground to any House or town”
“Non attraverso il terreno di mio padre per andare in alcuna casa o città”.
Eppure il suo era un periodo storico in cui erano arrivati i primi treni e in cui si poteva viaggiare per la prima volta non solo in Europa via nave in poche settimane, ma Emily - per vari motivi insondabili - aveva deciso di chiudere la porta.
Un giorno, questo Sig. Higginson, molto probabilmente l’aveva invitata a fare un viaggio con lui e la moglie, perchè Emily - in rima - gli rispose che le persone come lei viaggiavano già tutti i giorni verso “il mare della sera”, ovvero le morte.
Questo è già il viaggio che facciamo tutti. Gli altri sono un di più.
Ma le rotte che prendiamo per arrivare a destinazione fanno la differenza.
Emily prendeva “le rotte dell’estasi”, dice nella stessa poesia.
E queste rotte non erano altro che l’estasi che provava anche solo restando dov’era, guardando i panorami che le offriva casa sua, e l’ampio parco che la circondava:
un tramonto infuocato, il coro degli uccellini la mattina, un mazzolino di fiori lasciatole da un’amica in camera, e che le faceva sentire di essersi risvegliata nell’Eden.
“La magia è il nostro pasto più frugale” scrive a un’amica.
E così poteva restare incantata tranquillamente senza neppure dover uscire da casa.
E voi? Dove trovate la magia di questa esistenza?
Per Emily la magia era tutta intorno a lei.
E forse, proprio perchè aveva avuto gravi problemi alla vista, e sapeva cosa voleva dire rischiare di non VEDERE più questo mondo, pensava che già poter aprire gli occhi e vedere il cielo, le montagne, un fiore, era un miracolo che dovrebbe travolgerci nella sua magnificenza, come traspare in questa meravigliosa poesia:
“Prima che mi venisse cavato un occhio
piaceva anche a me vedere
come fan le altre creature che hanno gli occhi
e non conoscono altrimenti.
Ma mi venisse detto, oggi,
che potrei avere il Cielo, tutto per me,
lascia che ti dica che il mio cuore
si spezzerebbe in due, dall’enorme gioia.
I campi, miei,
le montagne mie,
Tutte le foreste, stelle illimitate
….
Tutto mio da guardare ogni qualvolta lo volessi -
La notizia mi farebbe venire un colpo!”
Ma qualcuna di voi potrebbe dire: “Sì, ma quando si viaggia, lo si fa anche per fare esperienze, non si tratta solo di vedere qualcosa e provare estasi davanti a dei bei panorami.”
Chiaro. Ma secondo Emily, non incontriamo altri sconosciuti che noi stessi. Se decidessimo come lei di conoscere le parti nascoste di noi, viaggeremmo già molto!
Non a caso, quando si fa terapia psicanalitica, si parla di “esplorare se stessi”.
Emily, in anni in cui non esistevano gli psicologia ancora, aveva deciso di esplorarsi, attraverso la scrittura e la riflessione sul suo presente.
Quanto alle AVVENTURE, secondo la Dickinson, l’Avventura con la A maiuscola che tutti noi faremo, chi prima e chi dopo, è…... il trapasso, il momento della morte.
What else?
E lì saremo soli con la nostra Anima, senza nessun compagno. Il resto quindi delle avventure terrene secondo lei forse serve solo a prepararci per quel momento, ad affrontarlo da sole e con la nostra anima pronta a dire un bel ‘grazie’ per l’estasi provata, per l’occasione unica di aver vissuto:
“Un’Avventura quasi tutta per sé
l’Anima è condannata ad essere
accompagnata da un unico segugio -
la sua stessa identità”
Visto tutto questo, ve la sentite ancora di dire che Emily non avesse più viaggiato?
….
A voi la risposta.
2. I TAGLI SUGLI INTRATTENIMENTI
Passiamo alla seconda macro-area che risucchia tantissimo tempo, spesso sprecandolo: gli intrattenimenti. Anche ai tempi di Emily Dickinson c’erano vari intrattenimenti. Non pensate che fosse poi così diversa la vita. Sono andata per voi a cercare cosa proponesse la sua cittadina di Amherst nel Massachusetts, e ho scoperto che quasi ogni giorno, l’avesse voluto, Emily avrebbe potuto andare:
* a uno spettacolo teatrale al College
* a un concerti di pianoforte
* a sentire cantanti di opera
* a scuola di ballo
* al circo, quando arrivava in città
* a cavalcare nei campi – come faceva da giovane
* a sentire varie conferenze di famosi giornalisti o uomini di chiesa o scrittori o attivisti e politici
* a mangiare da qualche amica o a qualche cena sociale per beneficienza
* a qualche matrimonio o cerimonia religiosa di vario tipo
Insomma, non mancavano anche a lei le opzioni. Eppure, intorno ai 30 anni, ecco che Emily dice: “Basta”. Chiude la porta anche qui.
Non esce quasi più di casa e comincia ad intrattenersi da sola dentro il suo santuario.
O meglio, non da sola, ma con un “ospite divino”: la sua ispirazione, la sua passione:
“L’Anima che ha un Ospite
Raramente va fuori casa —
Una folla più divina dentro Casa
oblitera il bisogno di uscire—
E le Buone maniere vietano
che il padrone di casa si allontani
quando a fargli visita è
L’Imperatore degli uomini.”
Ognuna di noi ha il suo ‘Santuario’ ovviamente, e a meno che non siate anche voi scrittrici, raramente sarà camera vostra o il vostro studio, come nel caso di Emily, e a volte non sarà neppure necessariamente dentro casa vostra (per chi ama guidare, ad esempio, sarà la sua macchina. Per chi insegna yoga, sarà il suo studio etc.).
E dentro questo Santuario, al cospetto della sua Anima, con questo Ospite divino a farle compagnia, ecco la trasformazione che avveniva, e che ci spiega in questa poesia:
“E poi, la taglia di questa mia “piccola” vita,
i Saggi la chiamano “Piccola” -
si gonfiava – come gli Orizzonti – dentro il mio petto -
e io ho commentato sarcastica - “Piccola!”
Torniamo di nuovo alla prima lezione fondamentale: fare di meno, scegliere di meno, mangiare di meno al buffet della vita, viaggiare di meno, avere meno amici, seguire meno notizie e intrattenimenti etc. non significa avere una vita “PICCOLA”. Tutt’altro, ci dice chiaramente Emily.
Proprio nell’intensificarsi, ecco che la vita in realtà “si gonfia come gli orizzonti nel nostro petto”.
Anche in italiano si parla sempre dell’AMPLIARE i propri orizzonti, ma siamo proprio sicuri che più conosciamo/viaggiamo/leggiamo/impariamo e più si amplino questi orizzonti?
Ci ampliamo o ci DISPERDIAMO? - ci chiederebbe la Dickinson forse con quel sorriso sarcastico della poesia. Come abbiamo visto, grazie alla legge del sassolino nello stagno, in realtà stiamo disperdendo energie preziose a seguire troppe cose e perdendo intensità.
Non solo. Emily ci direbbe che rischiamo anche di impazzire a espanderci ovunque ci va di seguire i nostri interessi!
Come scrisse in una lettera alle amate cugine Norcross nel 1873:
“Potessimo vedere tutto quello che speriamo…. ci sarebbe follia nei paraggi.”
Insomma, se davvero vogliamo vivere vite più intense e con più euforia interna, forse dobbiamo cambiare forma mentis e pensare che: “LESS IS MORE” come dicono gli inglesi “MENO a volte è di PIU’”. una vita non diventa più PICCOLA, solo perché restringiamo il nostro campo di interesse.
Anzi, spesso diventa più intensa e si amplia internamente.
Ma torniamo agli intrattenimenti di Emily…
In realtà, scrivere non era l’unico. Quella era la passione travolgente che l’occupava di più, l’equivalente del nostro “lavoro” (nei rari casi in cui il nostro lavoro E’ la nostra passione perlomeno!), ma sappiamo che aveva anche diversi hobby:
1. La lettura
2. Il giardinaggio
3. La cucina (era lei in casa a occuparsi del pane e a cucinare torte e dessert vari)
Non immaginate insomma che fosse sempre chiusa in ‘camera’ a scrivere, come purtroppo viene spesso descritta. Ma tornando ai suoi intrattenimenti…
Un giorno il suo incuriosito tutore Higginson deve averle chiesto in una lettera:
“Che spettacoli vede, Signorina?”, perchè nella sua risposta Emily gli scrisse:
“Gli unici spettacoli che vedo -
(sono) il Domani e l’Oggi -
e forse l’Eternità.
…
Se esistono altri spettacoli ammirabili,
glielo farò sapere”
Fantastica…
Insomma, lo spettacolo più bello che possiamo osservare, secondo lei, è la nostra vita:
il nostro presente e il nostro futuro, il nostro oggi e il nostro domani.
Cosa c’è di più “ammirabile”?
E quindi, al posto di sedersi al banchetto degli intrattenimenti, lei prendeva carta e penna e ammirava quello che aveva osservato o provato nella sua giornata, e lo distillava, facendone magia, scegliendo la parola giusta tra 1000 per descrivere l’emozione o l’esperienza provata, provando estasi.
La vita intorno a lei e dentro di lei era il suo film. Il dizionario era il suo Netflix. La fantascienza per lei era la magia delle parole e dell’esistenza, ma soprattutto dell’ “ipotetico futuro”.
E con quello che da fuori a tutti sembra poca roba, lei si sentiva ricchissima:
“Quanto poco può importare delle Perle
a me, che possiedo l’ampio mare:
o delle spille d’argento, quando l’Imperatore
mi manda secchiate di rubini:
o dell’oro, io che sono il Principe delle Miniera
o dei diamanti, quando vedo un diadema degno di una cupola
che continuamente mi incorona.”
E pur essendo poca roba, in apparenza, quel che faceva, per lei era un intrattenimento più che sufficiente, una briciola talmente nutriente da poterne anche dare alcune bricioline ad altri, “for charity”, “in beneficenza”, come dice in un’altra poesia. E infatti inseriva alcune delle sue poesie migliori nelle lettere che mandava ai suoi pochi ma buoni corrispondenti. Erano loro il suo pubblico.
Uno di questi fedeli corrispondenti, e l’uomo che lei descrisse come “Il mio amico più intimo su questa terra” e “il mio pastore”, era il Reverendo Charles Wadsworth, un uomo al tempo piuttosto noto per i suoi potenti sermoni.
Per fortuna - anche se non abbiamo più la loro corrispondenza, che venne bruciata - i sermoni sono rimasti, e dato che sappiamo per certo che Emily ne possedesse diversi (e chissà con che attenzione leggeva ogni parola), sono andata a ricercarli e a rileggermene un po’ in questo mese, e ne ho trovato uno che parla proprio degli intrattenimenti inutili che spesso gli esseri umani hanno per distrarsi dal dialogare con la propria anima, un sermone che sembra scritto oggi per un pubblico moderno…
Provate a leggere questa frase ora con gli occhi di Emily Dickinson:
“Ogni generazione di uomini, dai tempi della Bibbia, ha avuto il suo giocattolo o passatempo preferito, il suo svago speciale — il suo idolo da adorare; intellettualmente, la sua bolla di sapone da gonfiare; fisicamente, il suo hobby da cavalcare; in campo morale, qualche "tesi controversa" su cui dibattere. E lo stesso vale per la nostra generazione. Anzi, in questo superiamo tutte quelle passate. Superiamo tutti i vecchi Erode. Fisicamente, abbiamo cento hobby da cavalcare. Intellettualmente, mille tamburi da suonare. Spiritualmente e moralmente, sempre più di una bandiera da sbandierare, e una tromba da far squillare.”
Quasi tutti i nostri intrattenimenti, secondo Charles,
“ fanno solo violenza alla nostra natura superiore, e ci fa allontanare dalla nostra virilità spirituale, dalla nostra forza, dalle nostre aspirazioni immortali.”
Non solo, ma ci arrecano:
“Un’intensa insoddisfazione del presente…. Un cuore deluso ---- uno spirito in agonia”
Non è modernissimo questo sermone?
E non è forse il problema della gioventù di oggi (ma anche di molti giovani adulti, generation X inclusa) quella di provare molta insoddisfazione, ansia, e un cervello che non riesce mai ad avere dopamina a sufficienza, perchè ne chiede sempre di più ed è sommerso da chi gliela offre senza che debba fare alcuna fatica?
Ecco quindi un terzo buon criterio che secondo me Emily aveva applicato alla sua vita.
Se dopo esservi intrattenute con qualcosa che vi sentite “il cuore deluso”, “un’intensa insoddisfazione del presente” e sentite la coscienza che vi fa sentire in colpa per aver sprecato tempo (come dopo aver fatto scrolling per ore magari sui social al telefonino!) allora Emily e Charles vi direbbero: “Chiudi i rubinetti!”
In un caso però, probabilmente, anche la Dickinson indugiava in intrattenimenti alla buona, senza contenuto, un po’ scadenti. Ce lo dice in questa breve poesia:
“Il cuore chiede del piacere – prima di tutto
e poi - che gli venga risparmiato il Dolore -
e poi - quei piccoli antidolorifici
che attenuano la sofferenza”
Quindi quando stiamo soffrendo, sia fisicamente perché proviamo dolore, oppure nell’anima, allora ecco che in effetti viene utile pescare dalla marea e montagna di intrattenimenti mondani da cui siamo circondati, giusto da usare come dei “piccoli antidolorifici“, dei “piccoli sedativi”, ma senza fare un’ overdose!
No binge-watching insomma!
Quali sono i vostri antidolorifici preferiti?
E quale intrattenimento inutile e passivo potreste invece tagliare da oggi, se vi fa solo sentire peggio dopo?
….
Ma passiamo al terzo settore del banchetto della vita…
3. I TAGLI AL MONDO ESTERNO e ALLE NEWS
Certo, è importante restare informati e sarebbe da egoisti fregarsene di tutto quel che succede agli altri nel mondo, vi sento già dire. Perfetto, va bene, fingerò di essere d’accordo con voi per ora, però sarete tutti d’accordo col dire che il tempo a disposizione è poco e fisso per tutti, anche per le ‘pile Duracell’ che hanno il Sole dentro, che le notizie che ci arrivano dall’Italia e dal mondo sono un’enormità, e che quindi anche qui bisogna pure selezionare qualcosa.
Il criterio però qui non può più essere l’estasi ovviamente, perché non ci arriva nulla di estatico dai telegiornali! Quindi vediamo un po’ Emily cosa avrebbe setacciato…
Intanto sappiamo che non aveva affatto tagliato i ponti col mondo, come una suora di clausura. Leggeva i quotidiani, soprattutto i necrologi (e tenete presente che nel 1861 in America era scoppiata la Guerra Civile e tra gli arruolati c’erano diversi ragazzi del suo paese), e poi riceveva lettere che l’aggiornavano sui suoi conoscenti, ma per quanto leggesse, i quotidiani uscivano solo una volta al giorno, e le notizie dall’estero arrivavano dopo settimane o mesi che erano successe le cose, e solo da posti limitati del pianeta.
Oggi noi invece possiamo letteralmente cliccare un pulsante e scoprire tutto quello che è successo 10 minuti fa anche… sull’isola di Samoa, nel Pacifico!
(Se siete curiosi, le news locali dicono che hanno appena girato lì un film su una venditrice ambulante bambina di Samoa. Sentite che si siano ampliati i vostri orizzonti ora? Buon per voi…)
Insomma, oggi la scelta che abbiamo è immensa, esagerata e siamo inondati di notizie 24 al giorno, da tutti gli angoli della Terra, che si aggiornano ogni 5 minuti. E’ davvero impossibile star dietro al mondo. E tra l’altro, anche leggessimo più che possiamo, finiremmo solo per sapere le notizie scelte dall’alto da altri, spesso condite da propaganda, fake news e click-baits. E dato che non possiamo essere esperti in tutto, ecco che ogni nuova notizia o problematica ci richiederebbe settimane e settimane di studio, analisi, letture approfondite, anche solo PRIMA di formarci un’opinione (lo so, non è così che funziona di solito. La gente se la forma prima, in base alla posizione della sua tribù, e poi, forse, forse, si informa!).
Ci serve fare una scelta quindi tra tutte le informazioni. Ci serve un nuovo criterio.
Chiediamo aiuto a Emily. Torniamo alla sua prima poesia:
“L’anima seleziona la sua compagnia
e poi chiude la porta.
Senza scomporsi, lei nota la carrozza ferma al suo cancello inferiore;
Imperturbabile, nota un Imperatore inginocchiato sul suo zerbino.”
Per chiudere i rubinetti verso il mondo esterno, un primo criterio Dickensoniano forse è ascoltare “SENZA SCOMPORSI”, “UNMOVED”, il mondo che bussa alla nostra porta per volere la nostra attenzione.
Ma MOVE è anche COMMUOVERE, e noi non possiamo farci commuovere da ogni sorta di notizia, perchè ci sarà sempre una carrozza e un Imperatore che ci suona alla porta per chiedere di essere ricevuto, e finiremmo solo per avere sempre il cuore angosciato!
Un esempio pratico: ci sono al momento ben 6 grandi guerre in corso adesso, ovvero guerre che hanno causato più di 100.000 morti dal loro inizio (E per inciso, quella con più morti è la guerra civile in Sudan e non le due di cui ci parlano sempre tutti), ma finite queste, ce ne sarà un’altra da un’altra parte; trovato l’assassino di un femminicidio, ne succederà un altro il giorno dopo, e via dicendo ed è stato così da quando abbiamo lasciato il frutteto dell’Eden, ma il nostro cuore non è stato creato per contenere i drammi di tutto il resto del mondo.
Emily Dickinson, anche qui, col suo esempio luminoso, ci sta dicendo: “Scegliamo UNA sola tematica sociale, una notizia che ci interessa seguire, diamoci a queste con tutto il cuore e l’intensità che vogliamo, ma poi chiudiamo il cuore al resto, restiamo UNMOVED, IMPASSIBILI agli altri richiami costanti di tragedie e ansie…”
E qual era la causa sociale che Emily si era presa a cuore?
Non lo dice apertamente da nessuna parte, ma secondo me aveva deciso che il suo scopo nella vita era quello di aiutare i cuori a non spezzarsi, soprattutto dopo un grave lutto…. E lo faceva mandando a queste persone i suoi bellissimi fiori rari, accompagnati dalle sue poesie, o le sue lettere, che grazie alla sua grande empatia e la capacità di scrivere le parole giuste al momento giusto, aiutavano davvero il cuore della gente a risollevarsi o non cedere:
“Se potrò impedire a un cuore di spezzarsi
non avrò vissuto in vano
Se potrò alleviare a una vita la sofferenza
o attutire il dolore di qualcuno
non avrò vissuto in vano.”
Emily aveva capito per esperienza personale, dopo essere stata “crivellata di lutti”, come quei momenti siano i più tremendi da sopportare per un cuore sensibile, e sapeva che con le sue parole poteva fare la differenza e sostenere quelle persone, per evitare che crollassero sotto il peso di quelle sofferenze atroci
(A me personalmente non c’è niente e nessuno che abbia aiutato di più dopo un pesante lutto, delle parole lenitive di Emily, ad esempio).
Ecco ad esempio una di queste lettere, inviata alla moglie del Signor Bowles, che aveva perso da poco il caro marito. Immaginate se voi, dopo un grave lutto, aveste ricevuto questa lettera, invece che qualche stupida, banale, vuota frase di circostanza:
“Mi affretto da te, Mary, perché non si deve perdere un solo momento quando un cuore si spezza, perché sebbene si sia spezzato già molte volte, ogni volta è più nuova della precedente, se si è spezzato davvero. Non vedere più colui che amiamo è terribile - e parlarne - non allevia le cose - e nulla lo può fare. Il dolore in quei momenti quasi rifiuta anche l'amore, tanto è infiammato.
Sono felice se le mie parole spezzate ti hanno aiutato. Non avevo sperato tanto, mi sentivo così debole nel pronunciarle, pensando al tuo grande dolore. Ma l'amore ci rende "celestiali" senza che ci sforziamo minimamente. Sono felice che tu "lavori". Il lavoro è un redentore cupo, ma redime; stanca la carne così che non possa tormentarci lo spirito. Quando la tua vita si sentirà svenire per quell’altra vita - puoi appoggiarti a me – Io non mi spezzerò, Mary. Sembro molto piccola - ma la canna di bambù sa sostenere un peso.”
…
Potente eh?
Un vero balsamo per l’anima…
Ma per arrivare a selezionare le parole esatte, tra mille, per dar loro questa enorme potenza e intensità, le serviva per forza ritirarsi in silenzio e chiudere molte porte…
Anche alle persone.
4. I TAGLI ALLE PERSONE
Questo è il settore del buffet dove Emily Dickinson è stata più categorica nel selezionare solo 1 porzione, o 1 o 2, in base ai periodi, perchè anche dentro casa sua, a un certo punto, smette di ricevere ospiti e amici, tranne pochissimi. Il mondo le gridava “Let me in!” “Lasciami entrare!” come il fantasma maligno di Cathy di Cime Tempestose (libro che la Dickinson adorava) e lei aveva imparato a tapparsi le orecchie.
Non sono chiare le sue motivazioni, quindi per carità, siete liberi anche voi di pensare - come tanti - che Emily Dickinson soffrisse di qualche problema psicologico, che ad esempio soffrisse di ‘agorafobia’, o di ‘ansia sociale’ o di crisi epilettiche etc. - Queste le opzioni che vanno per la maggiore, comprensibilmente.
Ma se proviamo per un attimo a non darle un’etichetta, e ascoltiamo davvero le sue parole, con attenzione, ecco che sembra dirci con molta chiarezza quali erano le motivazioni e i criteri che usava per decidere chi lasciare fuori dalla sua vita…
Ad esempio, al Signor Higginson scrisse chiaramente che “teneva a distanza di sicurezza le donne e gli uomini” perchè “Loro parlano di cose sacre, ad alta voce, e imbarazzano il mio Cane. Lui e io non abbiamo nulla contro di loro, se se ne stanno dalla loro parte a vivere.”
E poi, da altre lettere e poesie, sappiamo che non sopportava le persone che parlavano del nulla, quelli che spettegolavano e rivelavano i segreti degli altri, le persone che non portavano reverenza per il creato, le persone volgari, chiassose, che si ubriacavano di vino invece che di vita e infine anche “gli irriverenti”, che toglievano magia e rispetto al creato e all’esistenza.
I pochi amici che aveva ammesso al suo cospetto però li adorava.
L’INTENSITA’ dei suoi affetti era un’altra caratteristica per cui era famosa al tempo.
Agli altri, aveva imparato a dire di NO, parola preziosa da imparare quando si vogliono chiudere i rubinetti. Da una lettera di Emily alla sua amata cugina Louisa:
“Che strano che io, che dico così spesso di 'NO', non riesca a sopportarlo quando mi viene detto dagli altri. Che strano che io, che fuggo via da così tanti, non tollero che qualcuno si allontani da me.”
Ma quante erano però le persone a cui dava accesso totale al suo cuore?
"Di tutte le Anime che son state create –
Io ne ho Eletta – Una”
E ancora: “Io ho scelto una singola stella da tutto il vasto numero della notte”
E chi era questa persona? Elementare Watson…
La sua migliore amica fin dall’adolescenza, nonché cognata e vicina di casa: SUSAN DICKINSON. (No, non erano amanti…)
Per il resto appunto, si contano sulle dita di una mano le persone che faceva letteralmente entrare in casa sua. E qual era il suo criterio per sceglierle?
Un aggettivo che io ho continuato a notare nel rileggere le sue lettere questo mese è: VIVID = VIVIDO. A Emily quindi piacevano le persone che erano intense, luminose, brillanti, sfavillanti.
Sì, ‘il mare è pieno di pesci’, ammette, ma a lei piacevano le persone che si distinguevano come ‘perle’ in quel mare, chi si stagliava tra le altre come una farfalla Monarca in una via impolverata, persone di cui sentiva la mancanza anche se se ne andavano via anche per pochi istanti, mentre di tutte le altre vite non sentiva assolutamente l’assenza.
E per finire, voleva persone che contenessero “a kernel”, “un gheriglio”, che non fossero vuote una volta aperte all’interno, nonostante le belle apparenze esterne che potevano abbagliarla inizialmente:
“Ogni persona che incontro è un esperimento per me
Se contiene un gheriglio.
Ogni frutto a forma di noce
Che si presenta su un albero
è plausibile allo stesso modo,
Ma la SOSTANZA dentro, è necessaria
Agli scoiattoli e a me.”
Ecco come aveva selezionato i suoi 1 o 2 “monarchi”, la sua “compagnia”.
E voi? Che criteri usate per selezionare le persone a cui date accesso?
Ma siamo arrivati alla fine di questa lezione…
C’è già qui la carrozza che aspetta Emily per riportarla a casa.
Spero di cuore che con le sue parole-incantesimo, vi abbia aiutato a capire quali sono i vostri criteri e a selezionare “meno e meglio”, da oggi, nel buffet della vita, per avere vite più intense e ricche di euforia interna, anche se da fuori la gente vede briciole.
RIASSUMENDO…
Per Emily, che era una vera mistica, l’esistenza stessa era un banchetto. Vivere era il viaggio. Esplorare se stessa era l’avventura. Dio era il suo ospite supremo. Scegliere le parole giuste o vedere un piccolo fiore o sentir cantare un uccellino era il vino che la inebriava. Le più piccole esperienze le davano estasi. Una briciola era un intero banchetto. Le persone, tranne un paio, erano moscerini, ma quelle due che aveva scelto erano un Universo, e tutta la sua ricchezza. Le uniche notizie del mondo che le importava sapere era chi era chi soffriva vicino a lei, per poter portar subito conforto con le poesie che creava da sola, in silenzio, in estasi, nel santuario della sua camera, come un olio essenziale in cui diluiva le sue esperienze quotidiane. Emily viveva attimo per attimo nella presenza di Dio o del divino, era aperta a quell’estasi 24 ore al giorno e non aveva spazio per quasi nient’altro, tranne fare il suo dovere quotidiano. Il viaggio che la incantava di più era l’esperienza di questa vita sulla terra fatta con i suoi sensi vividi e soprattutto col cuore aperto. Il miracolo più impressionante per lei era semplicemente l’aprire gli occhi e il rendersi conto dell’incredibile dono della vista.
Tutto il resto non era vivido a sufficienza o toglieva pace o estasi alla sua anima, e non era utile a nessuno, quindi ha imparato a restare impassibile, a dire di no, a chiudere “le valvole”, per potersi concentrare a scrivere potenti anti-dolorifici e anti-depressivi:
“L’anima seleziona la sua compagnia
e poi chiude bene la porta…”
Grazie Emily Dickinson.
E grazie a voi per aver letto fino a qui.
E.V.A.