5 lettere della Regina Elisabetta
Dal rinascimento inglese, 5 potenti lezioni per la nostra vita
Avete mai visto uno dei tanti film sulla Regina Elisabetta I?
Per caso ve l’hanno mai mostrata mentre leggeva un libro…?
Sia che abbiate visto ‘Elizabeth’ con la bravissima Cate Blanchett, o ‘Mary Queen of Scots’ con la famosa attrice di Barbie, o altri ancora, forse avrete notato che tutti i film hollywoodiani hanno una cosa in comune: non si vede mai la Regina Elisabetta con un libro in mano, neanche a pagarla oro!
Eppure la lettura, la scrittura, e la traduzione di testi antichi erano il pane quotidiano per questa Regina, come abbiamo già visto durante questo mese dedicato a questa sottovalutata donne di lettere.
E ‘lettere’ è la parola giusta…
Elisabetta amava molto le lettere, e ne scrisse a migliaia nella sua vita.
Per fortuna ce ne sono rimaste tantissime, anche se incredibilmente, dal 1603 ad oggi ancora nessuno si è dato la briga di raccoglierle tutte in uno o più volumi, come si fa comunemente con tutte le grandi scrittrici.
In italiano poi c’è pochissimo a riguardo e quasi mai nelle biografie su di lei sono citate delle lettere per intero. E quindi, durante la tarda primavera e l’estate 2024, mi sono immersa in queste sue meravigliose lettere, andandole a cercare in dozzine di testi antichi diversi, e sono rimasta affascinata dalla scrittura di questa donna stoica, tanto che ho deciso di raccogliere le sue più belle o significative - che Elisabeth scrisse sia in inglese che latino o francese - e farne una raccolta in italiano, inserendole nel loro contesto storico e biografico.
Per l’approfondimento di oggi ne ho selezionate 5, da diversi periodi della sua lunga vita, perchè ne abbiate un assaggio.
Spero che amerete la scrittura di Elisabetta come l’ho apprezzata io nel tempo…
LETTERA n. 1
La Principessa Elisabetta all'Illustrissimo e Nobilissimo Re Edoardo VI. 2 Febbraio 1551 (Originale in latino)
[Scritta da Elisabetta quando aveva solo 17 anni, al suo caro fratellino - tecnicamente fratellastro - e ora Re, Edoardo, dal castello di Hatfield, che Edoardo le aveva regalato e dove Elisabetta viveva dall’anno prima, per ringraziarlo della sua gentilezza durante una recente visita a Corte. Interessante in particolare l’ultimo paragrafo che mostra come Elisabetta, fin da adolescente, avesse già imparato a tenere la bocca chiusa e a non dire tutto quel che pensava, in un luogo come la Corte dove ogni cosa poteva poi essere usata contro di lei…]1
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‘Non si potevano dare prove più numerose né più illustri del vostro amore verso di me, o Re Serenissimo e Illustrissimo, di quando recentemente ho goduto del frutto della vostra piacevolissima compagnia e familiarità. Quando lo ricordo (e me lo ricordo ogni giorno), mi sembra proprio di essere lì con voi e di godere in presenza dell'umanità delle vostre conversazioni. Del resto, quando mi vengono in mente quei vostri innumerevoli benefici verso di me, con cui mi avete accolta al mio arrivo e mi avete congedata alla mia partenza, non riesco facilmente a contare quanto profondamente il mio animo sia diviso in diverse parti, il che mi porta una doppia preoccupazione di pensiero. Infatti, così come dalla grandezza dei vostri benefici verso di me percepisco il vostro amore massimamente fraterno, dal quale ho tratto non poca gioia e letizia, così, d'altra parte, soppesando con equa e giusta bilancia la moltitudine dei vostri meriti nei miei riguardi, mi dolgo perché percepisco di non poter mai reciprocare la loro forza, né tanto meno ricambiare nel dirvi grazie.
Tuttavia, affinché vostra Maestà non giudicasse che tanti e così grandi benefici verso di me siano stati mal riposti, o piuttosto, per usare le parole di Cicerone, siano stati malefici, o infine giudicasse che io ne sia poco memore e grata, ho voluto almeno adesso, non potendo farlo coi fatti, ringraziarvi a parole, cosa che avrei fatto anche prima, o per lettera o mandando un messaggero, se un lavoretto, che desideravo inviare a vostra maestà, non avesse interrotto il mio proposito. Dato che, a causa della ristrettezza del tempo, che io vedo essermi sfuggito di mano più velocemente dell'acqua, non ho potuto portarlo a termine io stessa, come supponevo di poter fare, spero ora che questa lettera, per quanto rozza, possa perorare la mia causa in mia assenza presso vostra Maestà, e al contempo dichiarare in qualche modo i miei sentimenti verso di voi.
Nei fatti ritengo che sia impossibile che ciò avvenga da parte mia in modo pieno e abbondante con queste mie parole mute, soprattutto perché, come vostra Maestà non ignora, è piuttosto caratteristico della mia natura non solo non dire tanto a parole quanto penso nella mia testa, ma anche non dire più di quel che penso. Di queste due, la seconda cosa, ovvero il dire di più di quel che uno pensa, dato che viene detestato da pochi, è molto praticato da tanti ovunque, massimamente nelle corti dei regnanti, i quali devono quindi guardarsi bene dall'avere più ‘kòlakas’ nelle loro stanze private che ‘kòrakas’ fuori dalla loro corte.2 Su questo argomento basta così: prego solo che Dio conservi vostra Maestà incolume il più a lungo possibile , per la gloria del suo nome e l'utilità del regno.
Dall’umilissima sorella e serva di vostra Maestà.
Elisabetta’
LETTERA n. 2
La Principessa Elisabetta a sua cugina Lady Knollys – che stava per emigrare in Europa - 1553 (Originale in inglese)
[Scritta da Elisabetta all’età di 20 alla sua carissima cugina - c’è chi dice sorella - Lady Carey (poi Lady Knollys da sposata). Lady Carey stava per lasciare l’Inghilterra per emigrare in Germania, perchè dopo la morte del Re Edoardo e dopo il brevissimo regno della povera Jane Grey, era salita al trono Maria, la sorella cattolica di Elisabetta, e molti protestanti, temendo giustamente per la propria vita, erano scappati in Europa. Lady Carey era una di loro e questa è la lettera di addio di Elisabetta, che non poteva sapere che da lì a pochi anni avrebbe potuto - salendo al trono - ristabilire la sicurezza per i protestanti e dare a questa sua amata cugina uno dei ruoli femminili più prestigiosi a corte, come sua damigella d’onore. Le due furono inseparabili fino alla morte della Carey, che spezzò il cuore alla Regina. Uno dei tanti miti su Elisabetta è che fosse una ‘bulla’ con le sue damigelle. E’ utile sapere che le leggende più feroci furono tramandate proprio da Mary, la regina di Scozia. Da tutte le lettere che ho potuto leggere di Elisabetta alle sue tante dame di compagnia, non ho trovato uno straccio di prova che fosse cattiva con loro, ma tutt’altro, come potrete vedere anche voi da questa lettera…]
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‘Alleviate il vostro dolore per il lungo viaggio con la gioia del vostro ritorno a breve, e considerate questo pellegrinaggio più come una dimostrazione di prova dei vostri amici, che non come un abbandono della vostra patria. Il passare del tempo e la distanza di un luogo non separano l'amore degli amici, né ci privano della possibilità di poter dimostrare la nostra buona volontà. Un vecchio detto recita: ‘quando la sfortuna tocca il punto più basso, l'aiuto è più vicino’: quando la vostra necessità sarà maggiore, troverete che la mia amicizia sarà al massimo. Lasciate che altri promettano, e io agisca, non tanto a parole, ma nei fatti. Il mio potere è piccolo, il mio amore grande quanto quello di coloro i cui doni possono raccontare la storia della loro amicizia. Lasciate che la nostra buona volontà supplisca a ogni altra mancanza, e che il frequente invio [di lettere] prenda il posto delle frequenti visite. I vostri messaggeri non torneranno [da voi] a mani vuote, né i vostri desideri rimarranno insoddisfatti.
Il fiume Lete qui non scorre, la buona memoria ha una corrente più forte.
E, per concludere, una parola che a fatica riesco a dire, sono costretta dal bisogno a scrivere: addio.
La vostra affezionata cugina e amica sempre a vostra disposizione.
Cor rotto.’3
LETTERA n. 3
La Regina Elisabetta a Robert Dudley, Conte di Leicester -
19 Luglio 1586 (Originale in inglese)
[Scritta da Elisabetta al suo favorito a Corte, ovvero al suo ‘migliore amico e fratello’ fin da quando era una bambina: Robert Dudley.]
‘Rob - Temo che tu possa supporre, dai miei scritti alla rinfusa, che una luna di mezza estate abbia preso ampio possesso del mio cervello questo mese, ma devi prendere le cose come mi vengono in testa, anche se saranno in disordine. Quando ricordo la tua richiesta di poter avere un uomo discreto e onesto che possa portarti il mio pensiero e vedere come tutto va lì, ho scelto questo latore che tu conosci e che ho testato bene: l'ho caricato per bene delle mie idee sulle questioni (dei Paesi Bassi) […] e dunque sarò breve con questi appunti.
….
Ora finirò immaginando di parlare ancora con te, e quindi malvolentieri ti dico addio ōō4, anche se prego sempre Dio di benedirti da ogni male e salvarti da tutti i nemici con il mio milione e legione di ringraziamenti per tutte le tue pene e preoccupazioni.
Come tu sai, [io resto] sempre la stessa5.
E.R.
LETTERA n. 4
Dalla Regina Elisabetta a Mary Regina di Scozia
- 15 Ottobre 1562 (Originale in francese).
[Scritta da Elisabetta a Mary in Scozia quando ancora le due erano sinceramente amiche. A quanto capiamo, Mary l’aveva accusata di essersi dimenticata della sua ‘cugina’ scozzese, dato che non erano più arrivate sue lettere. Elisabetta le rispose così….]
‘Carissima Sorella,
Se non fosse una cosa impossibile dimenticare il proprio cuore, temerei che sospettiate che io abbia bevuto dalle acque del fiume Lete. Ma vi assicuro che, oltre al fatto che non esiste un tale fiume in Inghilterra, voi siete la principale causa di questa mia mancanza. Infatti, se l'attesa del vostro messaggero, che avrebbe dovuto giungere qui da tempo, non mi avesse così tanto ritardata, vi sarei venuta a trovare con le mie lettere secondo la nostra solita abitudine. Da parte mia, vi è stato un altro motivo che mi ha grandemente impedita - la paura di stancarvi con l'ascolto delle tragedie che hanno così tanto affaticato le mie orecchie settimana dopo settimana. Dio volesse che fossero nascoste agli altri così come sono state celate a me. E vi assicuro, sulla mia parola d'onore, che fino a quando i corvi non ne hanno gracchiato, ho tenuto le mie orecchie sigillate come quelle di Ulisse. Ma quando ho visto che tutti i miei consiglieri e sudditi mi ritenevano di vista troppo offuscata, di udito troppo sordo, di spirito troppo improvvido, mi sono risvegliata da tale sopore e mi sono ritenuta indegna di governare un regno come il mio, se non fossi anche esperta nei miei stessi affari. E quando mi è venuto in mente quanto questa questione toccasse i vostri [parenti],6 mio Dio, quanto si è straziato il mio cuore! Non per loro (lo sapete bene), ma per colei a cui auguro ogni bene possibile, avendo grande paura che possiate pensare che le vecchie scintille verranno riaccese da questo nuovo fuoco.
Nonostante ciò, quando ho capito che la necessità non ha legge e che dobbiamo custodire attentamente le nostre case dal saccheggio, quando quelle dei nostri vicini ardono così vicino, non ho avuto neppure il minimo sospetto che voi vi rifiuterete di sollevare il velo della natura e di contemplare la nuda causa della ragione. Poiché quale speranza rimane per gli sconosciuti, quando la crudeltà abbonda così tanto dentro le proprie mura domestiche?
In mezzo a questi disordini i miei stessi sudditi in molti luoghi hanno perso i loro beni, le loro navi, persino le loro vite. Vedendo ciò, mi dedico completamente a non tollerare tali mali che potrebbero accadere se anche questo Regno finisse preda tra le loro grinfie, ma... i vostri [parenti francesi] non avranno motivo di pensarmi vendicativa, se non cominceranno loro… Non avrete motivo di accusarmi di frodi, poiché non ho mai promesso più di quanto non sia in grado di mantenere, se ciò può essere fatto. E vi prometto in buona fede che non dipenderà da me che non ci sia presto una buona pace per tutti coloro che saranno guidati dalla regola della ragione…
Sperando che vorrete pensare di me con l'onore che la mia buona volontà verso di voi merita, e sebbene io non sia affatto ignara di quali arti saranno, o sono state impiegate nei vostri riguardi in questa faccenda da coloro che pensano di allontanarvi dall'affetto che sono certa nutriate per me, nondimeno confido così tanto in questo cuore, che mantengo inviolato, che faranno prima i fiumi a scorrere al contrario del loro naturale corso, piuttosto che esso muti il suo proposito.
La febbre ardente che ora mi tiene completamente in suo potere mi impedisce di scrivere oltre.’
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[Questa febbre ardente non era una scusa. Era la febbre data dal vaiolo, una malattia spesso mortale a quei tempi e che portò Elisabetta a un passo dalla morte. I suoi consiglieri in quei giorni bui la supplicarono di stabilire chi fosse la sua o il suo erede in caso fosse morta. Tecnicamente l’erede sarebbe stata proprio Mary di Scozia, ma Elisabetta non si fidava al 100% di lei, o semplicemente forse sentiva che non sarebbe morta, ma una volta nominata Mary, quel documento sarebbe rimasto valido per sempre. Quello che fece, e che ci mostra il grande bene e l’enorme fiducia che riponeva in Robert Dudley, fu nominare lui al suo posto come Reggente, in caso di morte… Per fortuna poi si riprese completamente, anche se una delle sue damigelle di corte morì nel curarla. Si pensa che il suo viso rimase in parte butterato dal vaiolo e fu forse per quello che cominciò negli anni ad usare un cerone bianco veneziano associato ormai alla sua leggenda.]
LETTERA n. 5
La Regina Elisabetta al suo futuro erede James di Scozia -
14 Febbraio 1587 - pochi giorni dopo la decapitazione della madre di James: Mary, l’ex Regina di Scozia.
[Gli storici si dividono su questo argomento: chi ha dato il via libera alla decapitazione di Mary? Fu davvero Elisabetta? O Elisabetta fu vittima di una congiura? Quello che è certo è che Elisabetta mise la sua firma sul documento galeotto, che decretava la morte della cugina, ma mettere la firma non bastava! Serviva anche far sigillare il documento, e poi decretare chi avrebbe dovuto portarlo nel Castello dove Mary era tenuta prigioniera per aver attentato alla vita di Elisabetta, indirettamente, attraverso il suo sostegno ad alcuni ribelli traditori. Elisabetta non decise mai chi avrebbe dovuto portare il documento al castello, e aveva anche stracciato la firma almeno una volta, e aveva chiesto che il documento non fosse più sigillato, dopo aver dato l’ordine. Come successe quindi che quel documento firmato arrivò al Castello dov’era rinchiusa Mary? Come andarono quindi veramente le cose? Beh, abbiamo una chiarissima spiegazione in realtà di come andarono, e a darcela è la stessa Elisabetta! In pochi però sembrano credere alle sue parole, e questo è il dilemma quindi. Non tanto sapere come andarono davvero le cose, ma decidere se credere a lei o all’ultimo uomo che parlò con lei quel maledetto giorno, e che decise di testa sua di passare la sua lettera al Consiglio Privato, che all’unanimità decise di inviarlo al Castello dov’era rinchiusa Mary, senza neppure avvisare Elisabetta del fatto.
Davvero Elisabetta, come dichiarò tutta la vita, non ne sapeva nulla?
A chi credere?
Dopo tutto quello che ho letto non solo su di lei ma soprattutto scritto DA lei, e dopo che ho anche letto alcuni dei suoi libri preferiti, che l’hanno così tanto ispirata a diventare la donna stoica che era, a superare la marea di traumi che aveva subito fin da bambina, io credo alle sue parole al 100%. Nel mio libro ho spiegato meglio i vari fatti e le mie interpretazioni, ma qui vi riporto la reazione di Elisabetta nel venire a sapere della morte di Mary, il 9 febbraio. Giudicate voi se questa è la reazione di qualcuno che sta mentendo, o di qualcuno completamente sconvolto che sia stato dato un ordine che lei non avrebbe mai dato:
‘La notizia di questo evento fu accolta da Elisabetta con le più straordinarie dimostrazioni di stupore, dolore e rabbia. Il suo volto cambiò, la sua voce vacillò, e rimase per alcuni momenti immobile e paralizzata; seguì un violento scoppio di lacrime e lamenti, a cui mescolò espressioni di rabbia contro tutto il suo Consiglio. Avevano commesso, disse, un crimine imperdonabile; avevano messo a morte senza la sua conoscenza la sua cara parente e sorella, contro la quale ben sapevano che era sua ferma risoluzione di non procedere mai fino a questa fatale estremità. Indossò un lutto profondo, si tenne ritirata tra le sue dame abbandonandosi a sospiri e lacrime, e allontanò dalla sua presenza con i più furiosi rimproveri quei ministri che osavano avvicinarla.’
E ora passiamo all’ultima lettera di questa selezione.
Qualche giorno dopo questa sconvolgente notizia, ritrovata un po’ di calma, Elisabetta si sedette a scrivere al figlio di Mary, James, a quel ragazzo a cui aveva fatto da madrina, al Re a cui aveva dato consigli materni e che aveva protetto tutta la vita.
Era la sua unica chance di convincerlo della sua innocenza…
Ne dipendeva non solo il suo onore, ma una potenziale guerra tra le due nazioni!
Voi cosa avreste scritto? Come vi sareste giustificate?
Vi sareste buttate ai piedi di James per chiedere comunque scusa, o avreste mantenuto la dignità data dalla vostra innocenza?
Elisabetta mantenne la sua dignità…
E ora provate a mettervi nei panni di James nel leggerla, e decidete - come dovette decidere lui - se questa Madrina fosse sincera o meno…
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’Mio caro Fratello,
Vorrei che tu sapessi (sebbene vorrei che tu non provassi) l'estremo dolore che sommerge la mia mente, per quel miserabile incidente che (ben contrario alla mia intenzione) è accaduto. Ti ho adesso inviato questo mio parente, che già in passato ti è piaciuto favorire, per istruirti veramente su ciò che è troppo irritante per la mia penna raccontarti. Ti supplico che, come Dio e molti altri sanno quanto io sia innocente in questo caso, così tu possa credere che se io avessi dato un qualsiasi ordine, gli avrei tenuto fede.
Non sono di animo così vile che la paura di qualsiasi creatura vivente o di un regnante mi debba far temere di fare ciò che è giusto, o che mi porti a negare di averlo fatto. Non sono di così bassa stirpe, né posseggo una mente così vile. Ma, così come il dissimulare non s’addice a un Re, così io non nasconderò mai le mie azioni, ma farò sì che si mostrino esattamente come le ho intese. Così, puoi essere sicuro che - sebbene sapessi che questo [ordine] fosse meritato - tuttavia se io avessi inteso darlo, non lo avrei mai addossato su spalle altrui; né mi dannerò ulteriormente, dato che non fu una mia idea. Le circostanze esatte ti piaccia ricevere da questo messaggero.
E per quanto ti riguarda, pensa che non hai al mondo una parente più amorevole, né un'amica più cara di me stessa; né alcuno che veglierà più attentamente per preservare te e i tuoi possedimenti. E chi ti persuaderà del contrario, giudicalo più amico di altri che tuo.
E così ora smetto di disturbarti: supplicando Dio di mandarti un lungo regno.
La tua più fidata e affettuosa sorella e cugina, Elisabetta R.
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Che dite?
Vi ha convinti o meno?
A convincere me, oltre a tutto quello che ho letto di Elisabetta e su Elisabetta, sono state le frasi centrali:
“Non sono di animo così vile che la paura di qualsiasi creatura vivente o di un regnante mi debba far temere di fare ciò che è giusto, o che mi porti a negare di averlo fatto. Non sono di così bassa stirpe, né posseggo una mente così vile…
Se io avessi inteso dare quell’ordine, non lo avrei mai addossato su spalle altrui.”
Potente no?
Forse chi pensa che Elisabetta abbia cercato di ‘lavarsene le mani’, sbolognando la decisione al suo Consiglio non si è mai reso chiaramente conto della forza di questa donna, perchè se c’è una cosa che è chiarissima su di lei è quanto fosse sempre consapevole, fino agli ultimi momenti prima di morire, di non essere una donna qualsiasi, ma una Regina.
E di chi mai avrebbe dovuto avere paura un Regina?
…
Di nessun umano. Solo di Dio.
Ed Elisabetta credeva veramente in Dio, e temeva solo il suo giudizio.
Ma tornando alla nostra lettera, sappiamo dalla sua risposta che James, il figlio di Mary, le credette, mentre il consigliere che aveva passato senza il suo permesso il documento firmato al Consiglio fu interrogato, condannato per tradimento e rinchiuso nella Torre di Londra.
La forza di Elisabetta come eredità per il nostro presente
Ma ora lasciamo la Storia con la S maiuscola alle nostre spalle.
Siamo sinceri. A noi ormai non importa più un fico secco di quelle cose…
Abbiamo la spesa da fare, preoccupazioni a cui pensare, bambini o genitori anziani o cani e gatti malati a cui badare. A noi interessa la nostra storia, ma quello che ancora oggi può esserci utile trarre come insegnamento da queste antiche lettere di una Regina stoica come Elisabetta è la sua forza, durante le difficoltà.
Quella può servirci e nutrirci ancora oggi.
E allora vi invito a rileggervi con calma queste 5 lettere e anche tutte le altre che ho selezionato, e scegliere le frasi che oggi possono darvi forza nella vostra vita, e aiutarvi a mantenere la vostra dignità, a far valere la vostra verità, o semplicemente ad esprimere in modo più poetico la vostra gratitudine o amicizia per qualcuno, o la vostra innocenza. A me le sue parole han dato grande forza quest’estate.
Ma come diceva spesso Elisabetta nel chiudere le sue lettere e i suoi discorsi pubblici, quando aveva paura di aver parlato troppo:
“Ora spero che ognuno di voi beva un bel sorso dal fiume Lete,
per cancellare dalla vostra memoria tutti questi discorsi.”
Grazie Regina Elisabetta.
E grazie a voi per aver letto fino a qui.
Se vi è piaciuto questo estratto, trovate molte altre lettere e discorsi pubblici - con diversi originali e cornici biografiche - nel libro: “Elizabeth - una Regina stoica”
E.V.A.
Lettera originale latina citata e tradotta in inglese in: ‘The whole works of Roger Ascham’ –
Edited by Giles A., London, 1865.
Gioco di parole in greco, altra lingua che Elisabetta conosceva benissimo:
Kòlakas = Adulatori / Kòrakas = Spie
Elisabetta si firmò proprio ‘COR ROTTO’ in italiano, in fondo alla lettera. Come abbiamo visto nel primo approfondimento su di lei, questa Regina conosceva benissimo la nostra lingua e l’amava molto.
ōō è la trascrizione in lettere di un disegnino di due occhietti che Elisabetta (e anche Robert) inserivano nelle loro lettere, quasi come garanzia che fossero proprio loro a scriversi e non degli impostori, una sorta di codice segreto che solo loro due sapevano.
Elisabetta infatti chiamava Dudley ‘my eyes’ - ‘i miei occhi’, perchè lui le riferiva tutto quel che vedeva a Corte.
A volte semplicemente Dudley metteva due segnetti - come due sopracciglia - sopra due O, come ad esempio nella parola POOR. A questo LINK trovate un esempio di due di questi occhietti. Ah, il VERO romanticismo….
‘Ever the same’ (Sempre la stessa) era uno dei motti di Elisabetta. A quanto pare era stato anche uno dei motti di sua madre, Anna Bolena.
C’erano stati scontri feroci tra cattolici e ugonotti protestanti in Francia al tempo. Elisabetta ovviamente cercava di favorire gli ugonotti. Mary era stata anche Regina di Francia per un breve periodo, nazione dove aveva vissuto sin da piccola (ecco perchè la lettera di Elisabetta era in francese), e dove era rimasta fino alla morte del suo giovane marito il Re. Diventata vedova, aveva poi deciso di tornare a governare la Scozia, ma ovviamente aveva forti legami con i suoi ‘parenti francesi’ cattolici, ed è a questi parenti che si sta riferendo Elisabetta.
Grazie Aida per questi gioielli preziosi.